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LA VERSILIA E LE SUE LEGGENDE!

È una di quelle giornate fredde invernali in cui di uscire proprio non se ne ha voglia. Soffia un vento gelido che spazza spiagge e pensieri, il buio arriva troppo presto perché si abbia l’istinto di cercare occupazioni fuori di casa. Che si fa allora? Si accende il caminetto, ci si prepara un tè caldo, ci si raduna intorno al fuoco e s’inizia a raccontare…

È in contesti come quello appena descritto che ci piace immaginare si siano tramandate le leggende che riguardano la Versilia, racconti passati di bocca in bocca da una generazione all’altra, con i bambini spettatori incantati e i grandi a mescolare realtà e fantasia.

Sì perché le leggende nascono così, si parte da un fatto reale (il nome di una località, la forma di una roccia, la caratteristica particolare di un animale o di un luogo) e ci si ricama sopra una storia fantastica quando non si arriva a un’evidenza scientifica, si inventa laddove non si trovano spiegazioni razionali.

Inoltre, poiché tramandate oralmente, le leggende si modificano e si storpiano, diventano parte del tessuto popolare di un dato luogo ma ognuno ne fornisce una propria versione. Ecco perché anche in Versilia ne esistono a decine ma può darsi che sedendo a un focolare diverso se ne senta una versione modificata.

Conoscete la Busdraga di Camaiore? E l’Omo Morto? Mai sentito parlare del Linchetto? Sapete perché il monte Forato è… forato? Trovate un assaggio di queste e altre leggende della Versilia in questo post!

La Busdraga di Camaiore

Una leggenda molto popolare a Camaiore è quella della Busdraga, una donna bella e di nobili origini, dissoluta e con molti amanti, spesso uomini sposati, quindi odiata da intere famiglie. Nonostante il passare degli anni, la Busdraga non invecchiava mai, finché una notte morì di colpo in circostanze misteriose, con la pelle annerita come se fosse stata avvolta dalle fiamme dell’inferno.

Sepolta nel chiostro dei frati minori, le ossa della Busdraga non trovavano pace, fu quindi necessario riesumarla e seppellirla nel bosco, ai piedi di un albero. Quel luogo divenne sinistro e misterioso e alcuni testimoni giurarono di aver visto una strana figura nera che si aggirava di notte tra gli alberi lanciando lamenti terrificanti.

Nelle notti di tormenta, la Busdraga prova a stendere sull’erba del bosco una tela infiammata e con le prime luci dell’alba, arrabbiata per non essere riuscita nell’impresa, butta il rotolo infuocato verso i monti delle Apuane e si vede una striscia di fuoco volare per il cielo fino al monte Prana.

L’Omo Morto

Il maestoso profilo dell’Omo Morto è una visione familiare per gli abitanti della Versilia: si estende (o meglio, stende!) tra la Pania della Croce e la Pania Secca e la sua leggenda risale a quando questi due monti erano uniti tra loro, circondati da prati. Qui, in questa terra di pastori, un giorno uno di loro s’innamorò, ricambiato, di una bella pastorella. Il giovane, però, cominciò a sentire il richiamo del mare in lontananza e del mondo da conoscere fuori da quei pascoli e così un giorno partì. La pastorella lo aspettò invano, lui non fece più ritorno.

Un altro pastore s’invaghi della triste pastorella e salì sulla vetta della Pania della Croce per chiedere a Dio come far dimenticare alla ragazza il suo amore lontano. Dio gli disse che la soluzione era impedire alla giovane di vedere il mare, e per farlo l’unica maniera era sacrificarsi e lasciare che il suo volto venisse trasformato in quello di un gigante di pietra che avrebbe unito le due Panie, nascondendole così la vista del mare. Ecco l’origine dell’Omo Morto che tutti vediamo.

 

Il Linchetto

In Versilia, in Garfagnana e in Lucchesia, il folletto è chiamato “Linchetto”, un essere malizioso e dispettoso, che si muove di notte da una casa all’altra per fare dispetti a chi dorme. Si diverte a tirare via le coperte, a sedersi sul petto rendendo faticoso il respiro, a tramutare gli oggetti, a bussare alle porte e a importunare gli animali nelle stalle, talvolta togliendo il cibo a un animale che gli sta antipatico.

Il Linchetto non è malvagio, è solo molto dispettoso e talvolta può provocare qualche serio danno. Il Linchetto è descritto come un essere che non ha niente di umano, forse un animale simile al cane o al gatto? Un uccello? Un ibrido di specie diverse? Molti dicono che sia invisibile, quindi non si sa che aspetto abbia. Leggenda vuole che il Linchetto sia amico dei bambini, mentre non sopporti le persone anziane e le giovani coppie.

Per tenere lontano il Linchetto dalle case si può accendere una candela benedetta che lo fa spaventare oppure si può mettere una ciotola di riso sul comodino e lui sarà così costretto a contare tutti i chicchi che farà cadere. Per mandarlo via dalle stalle è necessario appendere alla porta d’ingresso un ramo di ginepro, del quale il Linchetto dovrà contare le foglie, pena il dover cessare le sue scorribande dispettose.

 

Il Buco del Monte Forato

Sono numerose le leggende che riguardano le Alpi Apuane. Una delle più note è quella sul Monte Forato, nel comune di Stazzema. Ovviamente un monte dalle caratteristiche così uniche non poteva che attirare scienziati, escursionisti e curiosi e suscitare la nascita di qualche leggenda! La più conosciuta è quella che riguarda San Pellegrino, tentato dal diavolo mentre era intento a costruire una grande croce di faggio da sistemare sulla vetta del monte.

Il diavolo, per impedirgli di issare la croce sul monte, si presentò a lui sotto mentite spoglie, prima come un drago spaventoso, poi come una donna affascinante, ma San Pellegrino rimase imperturbato. Il diavolo, furioso, decise allora di presentarsi di persona e rifilò a San Pellegrino un ceffone che lo fece girare tre volte su se stesso e cadere a terra tramortito. Una volta ripresosi, San Pellegrino ricambiò il ceffone in modo energico, che fece sì che il diavolo attraversasse tutta la valle del Serchio, fino a sbattere contro le Panie trapassandole da parte a parte e creando l’apertura nella montagna oggi conosciuta come Monte Forato.

 

Nerin Nerone

Si narra che l’imperatore Nerone, dopo aver ucciso la madre Agrippina, si fosse rifugiato in una grotta non lontana dal lago di Massaciuccoli, nel comune di Massarosa, e che questa, per vendetta, avesse scagliato una maledizione sul figlio, ossia che sarebbe morto folgorato da un fulmine a ciel sereno.

Dopo qualche giorno in cui pensava di aver ormai scampato la maledizione, Nerone uscì dalla grotta, ma fu proprio allora che, nonostante il bel tempo, un fulmine lo colpì, facendolo precipitare nelle acque del lago di Massaciuccoli. Da qual momento si narra che Nerone viva sul fondo del lago e che disturbi i pescatori strattonandoli e facendo affondare le loro barche e terrorizzandoli a morte, come successe a tale pescatore Michele. Ecco perché nessun pescatore osa aggirarsi nel lago di Massaciuccoli di notte: è per paura di incontrare il famigerato e crudele imperatore.


Articolo dal sito www.inversilia.it

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